“Assocerò sempre la tua faccia alle cose che esplodono”: un connubio vincente di cinema e teatro in “Kamikaze”

“Kamikaze. Assocerò sempre la tua faccia alle cose che esplodono” è il titolo dello spettacolo andato in scena lunedì sera al teatro di Capodistria, realizzato dal Teatro Nazionale Croato “Ivan De Zajc” di Fiume in co-produzione con il “Teatro Biondo” di Palermo: un progetto di Emanuele Aldrovandi, che, sotto la regia di Marco Lorenzi, ha visto artisti provenienti da diverse esperienze teatrali e culturali, di entrambe le nazionalità, croata e italiana,  regalare al pubblico una performance in tre lingue (italiano, inglese, croato) avvincente, esplosiva e provocatoria, merito della sceneggiatura e dell’innovativa commistione tra teatro e cinema.

La trama di “Kamikaze” si snoda attraverso la vicenda di una giovane regista di seconda generazione cresciuta in Europa, che, di fronte a un “mercato che si allarga”, lotta per realizzare il suo nuovo prodotto cinematografico: un film in quattro quadri, con una protagonista diversa in ogni episodio, e intitolato “Assocerò sempre la tua faccia alle cose che esplodono”. Tra i temi trattati: la libertà, le gerarchie di potere, il razzismo, l’integrazione culturale, il terrorismo, la strumentalizzazione politica delle “storie specifiche”, lo scontro tra Oriente e Occidente, la manipolazione dei media, l’arte e le logiche di mercato. Mentre la storia della regista prende forma sul palco, il pubblico vede svilupparsi in parallelo il copione del suo film: alla scena in commissariato in cui una ragazza tenta, invano, di denunciare l’attentato che avrà luogo allo Stade de France di Parigi e il suo stesso fratello, tra i responsabili a cui in Siria hanno fatto “il lavaggio del cervello”, segue l’episodio che vede riuniti a cena tre parlamentari europei per dibattere del tema dei migranti, poi il quadro ambientato nel deserto dove un gruppo di jihadisti si improvvisa videomaker di una decapitazione, e infine una scena pensata in metropolitana, in cui una coppia mista litiga dopo che il padre di lui, a un anno dalla strage del Bataclan, ha dichiarato necessario doversi armare di metal detector per scongiurare futuri attentati, ironizzando, in maniera infelice, sulle origini della ragazza del figlio, di religione musulmana. Oltre alla storia principale, altri elementi narrativi si intrecciano dunque in “Kamikaze”, come tessere di un unico puzzle. Al pubblico l’arduo “compito” di ricucire le fila, cogliere il legame che unisce i vari pezzi e destreggiarsi tra i due diversi piani che si compiono in contemporanea sulla scena: la recitazione e la ripresa e montaggio live. Uno spettacolo frammentato, “Kamikaze”, come frammentato è volutamente il film che la protagonista vuole far produrre, riflesso della società contemporanea – capitalista, multiculturale, post-coloniale – nella complessità delle sue sfide e contraddizioni.

TESTO E FOTO: ELENA RICARDI DI NETRO

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