/ di Daniela Paliaga / Come minoranza siamo pochi numericamente, è vero, ma abbiamo una forza culturale che tranquillamente può essere paragonata a quella della maggioranza. Le comunità degli italiani e le CAN, l’Unione Italiana, i soggetti politici e culturali della nostra minoranza , sostengono finanziariamente numerosissime iniziative, che si riversano sul territorio implementandolo e testimoniando che noi ci siamo, ci siamo ancora, dopo tutto, anche dopo l’esodo. Il vuoto ha richiamato persone da altre zone della nuova Jugoslavia, i posti di lavoro che sono rimasti vacanti hanno richiamato connazionali dal resto dell’Istria. C’è voluto del tempo per mettere radici. Ricordo il mio spaesamento quando arrivai a Capodistria nei primissimi anni Settanta. Nuovo contesto, nuova lingua maggioritaria, emarginazione quasi totale perché parlavo italiano e serbo-croato, per non parlare delle altre difficoltà di inserimento. Chi era arrivato prima si sentiva padrone, signore legittimo del territorio, della sua gente e poteva decidere del futuro di tutti. La storia precedente il conflitto mondiale se non era stata stravolta era stata cancellata. La democrazia aveva fatto molti passi indietro, l’autogestione sarebbe stata una soluzione magnifica ma…
Ebbene 70 anni dopo forse qualcosa si muove: anche la maggioranza che si è compattata (o quasi) accettando al suo interno i non sloveni, forse sta capendo che la storia è cominciata prima del 1945. Ignoro volutamente e ovviamente manifestazioni come quella del 15 settembre perchè ci sono manifestazioni come le Giornate del patrimonio culturale europeo iniziate nell’ultima settimana di settembre e finite nella prima settimana di ottobre di quest’anno, che hanno evidenziato ovunque un patrimonio culturale inestimabile e profondo: Carpaccio con i suoi 500 anni a Capodistria ad opera del Museo Regionale e dei suoi esperti e a Pirano ben 17 diverse manifestazioni che hanno coinvolto un notevole numero fra istituzioni, società, appassionati e volontari. La voga in piedi, i 120 anni del monumento a G. Tartini, le imbarcazioni tradizionali del Museo, gli orti , i muretti a secco, le saline di Abbakum, i meravigliosi affreschi di Casa Tartini, ecc. è difficile nominarli tutti. Fra questi la società Anbot per il recupero delle tradizioni locali, ha organizzato un evento originale: “Andiamo in piazza”, tour guidato di piazza in piazza, partendo dalla Punta fino in Borgo, in piazzetta S. Rocco. Nelle piazzette e piazze oltre a fare la storia degli edifici importanti e significativi i membri della società, circa una trentina, tutti in costume, hanno raccontato, drammatizzandoli, aneddoti e fatti del passato: la vendita dell’acqua e l’antica farmacia Fonda in piazza I maggio, Domenico Tintoretto – il quadro vivente , Anna Monaro, la donna luminosa di Pirano in Ghetto, la vendita del pesce come stabilito negli antichi statuti comunali in Piazza delle Erbe, le misure di lunghezza sui pili del 1466 in piazza Tartini, le “venderigole” piranesi e savrine di piazza S. Rocco.
Uno scorcio dell’Andiamo in piazza
Ha aperto il giro davanti alla Casa del Gastaldo in Punta, un’ interessante presentazione del significato della nascita delle istituzioni comunali nella Pirano del XIII sec., e della sua dedizione a Venezia nel 1283. Il discorso breve ma chiaro tenuto da un giovane archivista che l’Anbot ha chiamato a collaborare, ha puntualizzato il valore delle regole scritte per l’organizzazione civile e democratica della vita nella città, per la partecipazione degli abitanti, dei cittadini alla “res pubblica”, per la sua crescita e il suo benessere. Avveniva già nel XIII secolo. Inevitabile il confronto con la nostra realtà odierna. Un pieghevole bilingue ha accompagnato il percorso. Manifestazione di integrazione, di rispetto, di conoscenza.
La sensazione alla fine è stata quella che tutti hanno contribuito con più di un tassello a ricucire quella memoria strappata e volutamente dimenticata. (E a ricucire non eravamo solo noi della minoranza). Una memoria che comincia ad essere condivisa?