Terzo appuntamento di “Crocevia di musiche”, con protagonista Dario Marušić alla scoperta della tradizione musicale istriana. Ospiti dell’evento anche Goran Farkaš (violino e voce) e Myriam De Bonte (organetto diatonico). La serata è stata promossa dalla Comunità degli Italiani di Capodistria.
Si è svolto ieri, presso Palazzo Gravisi-Buttorai, sede della Comunità degli Italiani di Capodistria, il terzo incontro del progetto “Crocevia di musiche”, promosso dalla Comunità degli Italiani “Santorio Santorio”. Protagonista Dario Marušić, presentato da Martina Gamboz con la quale ha ripercorso le principali tappe della sua carriera musicale e di etnomusicologo. L’artista da sempre molto legato alla tradizione musicale istriana, è stato influenzato dal Folk revival inglese, un movimento musicale promotore della salvaguardia e del rinnovamento della musica popolare. L’esibizione ha avuto inizio con un adattamento di un brano del 1971 dei Steeleye Span un gruppo che, come ha raccontato Marušić stesso, lo ha molto ispirato e spinto in quegli anni a coltivare i suoi interessi musicali. L’artista, impegnato in passato in movimenti per la conservazione degli idiomi minoritari europei, ha spiegato come le lingue e le parlate dialettali siano state il fondamento della sua ricerca. Esempio di questa volontà di far rivivere il dialetto istriano è il brano »Silele«, legato alle saline di Strugnano, luogo simbolo della sua infanzia. La lingua è di nuovo protagonista nell’adattamento della poesia di Giuseppina Martinuzzi “Rondinella istriana”: qui Marušić ha deciso di mantenere una strofa in lingua italiana, ma di contrapporre la successiva traducendola in dialetto ciacavo.
Accompagnato da Goran Farkaš alla voce e al violino, e da Myriam De Bonte all’organetto diatonico, Dario Marušić ha proposto al pubblico altri brani della musica istriana popolare, dagli stili violinistici tradizionali, ma abbinati anche a musiche dalle origini ungheresi, rumene e canadesi. L’artista ha concluso la serata proponendo al pubblico una riflessione circa la fragilità di una tradizione che rischia di non essere tramandata. Secondo Marušić, infatti, la tradizione sopravvive sino a quando ha ragione di esistere, ma senza scomparire mai del tutto.